L’ospitalità, già nella sua grammatica, nasconde, quindi, il suo vero significato: una relazione reciproca, di alleanza tra persone, comunità e luogo.
Troppo spesso, quando si parla di destinazioni turistiche, si pensa che la qualità e la fruibilità delle stesse siano merito o demerito degli operatori, gli unici protagonisti, in grado di offrire un servizio immediatamente tangibile: una stanza dove dormire, un tavolo in un ristorante tipico, una giornata di divertimento. In realtà, il paradigma sta cambiando. Strutture belle e efficienti non possono più esaurire il significato di ospitalità e qualità.
Ma sicuramente possono amplificare un sistema valoriale condiviso da tutta la comunità (operatori, imprese, abitanti, etc.) che, insieme, creeranno un ecosistema virtuoso con l’obiettivo di rendere un luogo prima di tutto accogliente.
Succiso e l’ospitalità vincente
È quello che succede già dagli anni ‘90 sull’Appennino tosco emiliano, a Succiso, in provincia di Reggio Emilia, 980 metri sul livello del mare, 60 abitanti d’inverno e 1.000 d’ estate. Prima di vincere nel 2018 il secondo premio UNWTO (United Nations World Tourism Organization) come eccellenza mondiale nell’ “innovazione d’impresa” nel turismo e diventare un caso studiato in tutto il mondo, questo piccolo borgo era a rischio di spopolamento. Come succede a tantissimi altri borghi in Italia.
Nel 1991, un gruppo di ragazzi poco più che ventenni, guidati da Dario Torri, decidono che il loro paese non doveva diventare un luogo da cui scappare per raggiungere la città più vicina. Che si poteva provare a restare e che, addirittura, quel posto poteva diventare un luogo in cui “accogliere”. Ma per farlo bisognava ripartire dalle attività locali, il cuore di ogni comunità, quindi riaprire il bar, il panificio, il ristorante e, soprattutto, recuperare la scuola, ormai diroccata.
In nove amici, costituiscono la Cooperativa Valle dei Cavalieri, dal nome della zona geografica e, dopo un primo investimento economico personale, arrivano i fondi regionali, provinciali, europei.
Succiso e il turismo di comunità
Oggi Succiso è un esempio bellissimo di turismo di comunità. La loro è stata un’idea semplice ma rivoluzionaria: per far rinascere un paese e per provare a farlo diventare una destinazione turistica bisogna fare rete, creare un legame tra tutti, abitanti e turisti. Ogni cosa è parte del tutto. Dalla scuola, al bar, al panificio, alla sala convegni che in inverno è il luogo di aggregazione di tutto il paese, all’agriturismo con 20 posti letto per finire al ristorante. Per attrarre i turisti hanno puntato sulle eccellenze locali: il pecorino e la ricotta dell’Appennino reggiano. Ogni anno ne vengono venduti in bottega o serviti al ristorante sessanta quintali. Le attività all’aria aperta vengono gestite dalla “scuola di montagna” che propone visite in massaria o trekking sui sentieri montani.
Il marchio distintivo di Succiso è l’accoglienza, l’ospitalità, la cura per le persone che qui alloggiano e l’amore per l’ambiente circostante (ci tengono a far sapere che tutte le loro attività sono ecosostenibili). Il vero segreto è che questo piccolo borgo ha respinto azioni cosiddette di staged authenticity, cioè di autenticità rappresentata, perché quello che avviene non è puro folklore ma è vita reale e i turisti lo sanno.
Succiso è una good story, di quelle che ci fanno ben sperare (il fatturato della Valle dei Cavalieri, che fa parte di Legacoop, è di 700.000 euro all’ anno) e ci dimostra che le buone pratiche dell’accoglienza partono sempre da una comunità consapevole di essere protagonista del sistema valoriale, economico e sociale del proprio luogo-destinazione e da istituzioni e operatori che sanno accudire e ascoltare i turisti e la propria terra.