Nel sud del Giappone, precisamente nella prefettura di Yamaguchi, si trova immersa nella natura incontaminata una stazione ferroviaria unica al mondo.
Si chiama Seiryu Miharashi Eki letteralmente “piattaforma di vista del fiume”.
È una stazione senza entrata e senza uscita. Non è raggiungibile in automobile né a piedi. Niente biglietteria, niente negozi, niente bar, niente panchine. Il treno praticamente si ferma in mezzo al nulla.
A cosa serve, vi domanderete? Semplicemente per fermarsi. Fermarsi dalla frenesia quotidiana, fermarsi da una società che corre impazzita verso non si sa quale destinazione. Fermarsi per ascoltare, un’attività che abbiamo completamente smesso di fare e ci risulta sempre più difficile.
Fermata Covid-19: una fermata in mezzo al nulla?
Nel nostro lungo viaggio iniziato nel 2015, siamo stati costretti anche noi a fermarci per la prima volta. Abbiamo voluto trasformare questo periodo di sosta forzata in un’opportunità di ascolto e dialogo.
Lo abbiamo fatto con dei compagni di viaggio fantastici, operatori turistici e culturali amici del Festival, con con cui abbiamo provato a comprendere il nuovo mondo che sta emergendo.
Daniel Franchi (Albergatore presso Hotel the Baron – Villa Edy / Lazio), Fabio Badolato (Revenue Manager GT Revenue / Lazio), Tommaso Ciabini (Tour Operator De-Gustibus / Toscana), Stefano Ravelli (AD APT Valsugana / Trentino), Michele Cignarale (Progettista Culturale / Basilicata), Giusy Giovinazzo (Filosofa / Basilicata), Giovanni D’Alessandro (Tripmetoo / Campania), Carla Recupito (Albergatrice / Campania), Emanuel Ruocco (Vivi Cilento / Campania), Liviano Mariella (Progettista culturale / Campania), Marco Girolami (Consulente / Lombardia), Serena Franco (Imprenditrice e viaggiatrice / Calabria), Luca Caputo (Destination Manager / Puglia)
Dai nostri aperitivi digitali è nata l’esigenza di trovare, più che risposte, le giuste domande. Nasce cosi l’idea di un sondaggio rivolto a viaggiatori, residenti e operatori turistici, il cui obiettivo è sintonizzarsi con il cambiamento epocale che stiamo vivendo.
Il contributo di ognuno di noi è prezioso e decisivo perché parte di un tutto che ci permette di comprendere meglio il futuro che desideriamo costruire insieme.
Ci farebbe molto piacere che anche tu partecipassi. Se sei interessato, clicca il link in basso. Grazie in anticipo.
https://bit.ly/35EwWpd
Riflessioni di quarantena
Questo stop su scala globale mai visto prima porta con sé, oltre a conseguenze difficili che conosciamo, una sorta di effetto riequilibratore.
La reclusione forzata ci ha fatto fare i conti con il tempo e comprendere il suo valore certo non quantificabile in denaro. Ci ha fatto riscoprire l’importanza della presenza, dello spazio, dell’ottimizzazione delle risorse e l’importanza dei nostri gesti quotidiani.
Il contatto che non ci possiamo più permettere ci ha fatto comprendere l’importanza dell’altro e come da ogni atteggiamento del singolo discendono conseguenze per tutti noi. Abbiamo rispolverato il senso di appartenenza a una comunità.
Insomma, come succede quando si è malati, godiamo dell’ovvio apprezzando anche le cose più banali.
Cambiando punto di osservazione, il virus è una sorta di messaggero che ci indica che ciò stiamo affrontando oggi è solo la conseguenza dello stile di vita che abbiamo condotto, incuranti del riflesso che questo avrebbe comportato nelle nostre vite.
È urgente capire che il modello adottato fino ad oggi è divenuto insostenibile e i risultati, dalla redistribuzione iniqua della ricchezza fino all’inquinamento ambientale, atmosferico e alimentare, sono ormai sotto gli occhi di tutti. Da animali da reddito, da mucche da mungere dobbiamo tornare ad essere umani.
È importante essere consapevoli di questo cambiamento inevitabile e radicale nei suoi valori fondanti che vede morire un mondo e nascere un altro di cui siamo già responsabili.
L’unica via è, uscendo dalle reciproche trincee, ristabilire un legame profondo tra noi e l’altro, tra noi e i luoghi. L’unica via è riconoscersi, come ci insegna l’ospitalità.
La metafora del bruco che diventa farfalla
Credo che l’esempio più calzante che ci mostra chiaramente il periodo che stiamo vivendo sia la metafora del bruco che diventa farfalla.
Il bruco vive nel suo ecosistema divorandolo, è molto distruttivo (vi ricorda qualcuno?) e mangia 300 volte il suo peso in un giorno fino a quando è talmente pieno che si appende e va a dormire. La sua pelle diventa una crisalide indurita e poi nel corpo del bruco si formano le cellule immaginali, come le chiamano i biologi, che si nutrono del corpo stesso. Il punto importante della metafora che per un certo tempo il vecchio e il nuovo coesistono e il compito del bruco è preservare la vita.
Il momento storico che stiamo vivendo ci mostra il risultato di tutte le nostre azioni: una società disperata, malata, ingorda e distruttiva ma non possiamo odiarla perché non serve a nulla.
Se amiamo le farfalle non possiamo distruggere i bruchi.
Quindi se ci interessa un nuovo modo di concepire l’industria dell’ospitalità e del viaggio non possiamo farlo ancorandoci al vecchio mondo del turismo, dobbiamo essere noi “cellule immaginali” i costruttori di un nuovo modello e dimostrare che una visione alternativa al turismo, come lo abbiamo inteso oggi, esiste. Costa meno, è più efficiente, più efficace ma soprattutto è più sostenibile.
Il nostro compito è essere agenti di questo cambiamento.