16 Lug 2019

PEOPLE HAVE THE POWER – Il turismo 4.0 e il capitale umano

Prepariamo la valigia. Si parte, ma non senza prima consultare i migliori blog di viaggio, aver scaricato utili mappe e consigli da utilizzare da smartphone o tablet, anche offline. E perché non prenotare con l’app il posto giusto dove andare a dormire e mangiare o le “esperienze” local, impostando sapientemente i filtri che rispettino i nostri gusti e preferenze?!

Pare che il viaggiatore 4.0, più che di pinne, fucili ed occhiali, non riesca più a far a meno delle comodità che la tecnologia gli offre.
E come dargli torto?! A parte facili ricordi nostalgici di mappe su carte, lunghe chiamate con amici e parenti che in quel posto ci erano stati anni prima e potevano segnarti su un taccuino dove andare e cosa fare, la tecnologia rende il viaggiatore davvero protagonista del suo viaggio.

Il viandante moderno ha la possibilità di vivere i luoghi come davvero desidera, di salvare on line itinerari e esperienze che possano soddisfare le sue curiosità e di restare sempre connesso, condividendo con futuri viaggiatori quello che sta vivendo.

Allo stesso tempo il viaggiatore ha la necessità di ritrovare spesso l’identità, l’autenticità dei posti che visita. La possibilità di scegliere senza intermediari (o quasi) gli fa preferire esperienze a contatto con il posto. Si attiva una strana distopia: da una parte il viaggiatore è iper connesso e in grado, attraverso la tecnologia, di non perdere mai la bussola rispetto ai suoi desideri, dall’altro vuole vivere solo esperienze non mediate, autentiche, local.

Che rispettino, spesso, un tempo lento e non fast.

Non c’è nulla di apocalittico, ma un grande potenziale che futuri imprenditori o operatori del turismo non devono vanificare. E non devono farlo neanche i locali, il vero anello di congiunzione tra il viaggiatore e gli imprenditori.
Tutto questo ha una sola parola d’ordine che segna un “prima” e un “dopo”, un mantra per viaggiatori, local, operatori: le esperienze.

Le “travel experience” sono il file-rouge che unisce tutti i protagonisti del mercato turistico perché  coinvolgono, emozionano, creano un contenuto da condividere, poco importa se con un app o con i propri amici al bar.
Il viaggiatore vuole sapere cosa fanno i locali, ascoltare i loro racconti, fare esattamente come loro. A Bari, quindi, vorrà andare per le stradine della città vecchia per incontrare Nunzia e le altre “signore delle orecchiette” (così si fanno chiamare) per imparare da loro a fare la pasta. A Roma, invece, non solo il tour del Colosseo, ma il viaggiatore vorrà entrare nella bottega di Francesca e Giovanna per imparare a creare sandali italiani di alta qualità. Tutto rigorosamente “100% personalizzabile e 100% locale”.
Di questa nuova tendenza se n’è accorto anche Airbnb, che ha esteso il suo modello di business e sulla piattaforma vende esperienze, oltre che case.
Sapete qual è stata considerata la migliore esperienza di viaggio del mondo nel 2018? No, non la visita della Gioconda al Louvre, ma una lezione di cucina in Toscana.
Lo dice TripAdvisor, che ha verificato che nel 2018 il 67% in più dei viaggiatori ha scelto di prenotare un’attività esperienziale all’aperto rispetto al 2017. La popolarità delle lezioni di cucina e di altri workshop è aumentata del 61%.
Questo modello vincente ha fatto nascere tante nuove startup in tutto il mondo dove, all’innovazione tecnologica, si accompagna l’innovazione di prodotto.

Voglio citare, per esempio, in Italia, Gastronomic Trekking, un gruppo di ragazzi campani appassionati, che combinano esperienza gastronomica e territorio, coinvolgendo insieme viaggiatori e locali in esperienze autentiche legate ai processi di produzione, trasformazione e consumo del cibo, offrendo una visione nuova e completa del cosiddetto “farm to table” (dal produttore al consumatore). Quindi non più pizza o babà, ma sono le erbe spontanee raccolte durante il trekking a Positano che diventano un succulento ingrediente per piatti tradizionali.
Ancora, Taldèg (in diletto bolognese “te lo dico”) startup tutta al femminile, che con il suo servizio offre case boutique arredate da artisti locali e crea per gli ospiti, come un amico fidato, un percorso tra tutti gli anfratti di Bologna.
E poi c’è Foodoso, neologismo che fonde il termine globale “food” con la desinenza latina “oso”, un servizio web che sfrutta il cloud, l’intelligenza artificiale e la rete per raccontare i piatti dei luoghi che si stanno visitando e soprattutto per consigliare dove assaporarli perfettamente cucinati secondo tradizione.

Le storie, le esperienze, le persone sono al centro di tutto! People have the power!
Lo sa bene anche la giovane imprenditrice Barbara Donzelli, che con la sua startup Nice4Power vuole rivoluzionare il mondo dell’ospitalità. Il suo motto è “Hospitality is made of people and their smile” e lei, figlia di albergatori, ha fatto della sua esperienza un lavoro. Per questo, con il suo originale sistema vuole premiare i lavoratori più apprezzati dai clienti, quelli più accoglienti, più gentili, pronti a sorridere all’ospite, attraverso un sistema di feedback esclusivamente positivo rivolto allo staff. Una specie di pagella non basata solo sulla competenza, ma su quanto il personale dell’hotel, per esempio, faccia sentire a casa l’ospite di turno.
Insomma, i local e gli imprenditori si adeguano a questa tendenza e il viaggiatore sembra gradire molto, perché ora, davvero, il suo viaggio diventa completamente immersivo.
Il viaggiatore non guarda più da un Sightseeing bus, ma è per le strade, nelle botteghe, ad assaggiare vino con un locale nelle Langhe, a ballare la pizzica con la gente del posto nei borghi salentini.
Questa è la vera emozione, ma è anche un potente mezzo di connessione, e non solo virtuale.

di Raffaella De Donato