Patricia e Catia sono due ragazze portoghesi una di 17 e l’altra di 18 anni.
Hanno appena conseguito il Diploma in Servizi Turistici nel loro paese e ho avuto il piacere di conoscerle durante il loro stage di 8 mesi in Italia.
Sono ragazze mature e molto professionali con cui ho avuto spesso il piacere di chiacchierare dei loro sogni, del loro futuro in questo settore e su come potrebbe trasformarsi il lavoro negli alberghi di domani.
Un giorno, immaginando insieme nuovi strumenti digitali per semplificare il nostro lavoro, gli chiesi:
“Ma quale sarà il futuro del receptionist? Ma che ne sarà del vostro futuro???”
La domanda fu il pretesto per affrontare un argomento più ampio e da quelle chiacchiere serali nasce questo articolo il cui intento è condividere soprattutto con studenti del turismo, receptionist attuali e aspiranti, responsabili risorse umane, manager, ma anche con tutti gli operatori turistici, gli spunti di quelle conversazioni sperando possano essere occasione di riflessione e crescita.
Scusa, dove siamo diretti?
“Ecco un altro check-in da fare, chi lo fa? Lo fai tu Catia? Ricorda anche di controllare l’email, fare la scansione della fattura che abbiamo emesso e inviarlo all’indirizzo dell’azienda che trovi sul voucher. Poi stampa il foglio della situazione camere di domani per le cameriere ai piani. Ti ricordi la procedura? Per favore archivia in ufficio le fatture d’acquisto di oggi e inserisci gli arrivi sul sito ISTAT. Ah non dimenticare di inviare le schedine alloggiati!…
Patricia risponderesti alle recensioni? Ci sono anche dei messaggi a cui rispondere su Booking. Ci sono da fare pre-autorizzazioni e se la carta non va, ricorda di contattare i clienti e scrivi eventualmente una nota sul libro giornaliero in modo che anche gli altri colleghi siano aggiornati. Appena puoi pensa anche a un post su Instagram… anzi prima l’ordine di servizio per le sale meeting!”
Sin dalle prime settimane della loro formazione le ragazze hanno subito lamentato un eccessivo numero di strumenti per gestire le varie mansioni in albergo: il gestionale per le classiche operazioni di ricevimento, le email a cui rispondere, le presenze ISTAT, le schedine alloggiati, rispondere alle recensioni sui vari portali, postare qualcosa sui social, gestire il pricing, effettuare gli ordini ai fornitori, comunicare alla cameriera la situazione camere e potremmo andare all’infinito aggiungendo micro operazioni che aumentano sistematicamente il carico del lavoro quotidiano.
Tutte operazioni che spesso convergono su una o poche risorse, specialmente nelle strutture di piccole dimensioni.
“…è possibile non si sia mai pensato a un sistema che possa realmente assorbire e automatizzare tutti questi processi slegati tra loro e integrare la miriade di strumenti che usiamo centralizzando tutte le operazioni su un unico cervello che analizza tutti i dati magari incrociandoli?
Possibile che non si possa permettere agli ospiti di una struttura non solo di fare il check-in piena autonomia prima del loro arrivo (così come permette ogni compagnia aerea) ma anche effettuare il pagamento del soggiorno? Vuoi una fattura? Puoi selezionare dal tuo profilo la richiesta e inserendo l’intestazione in automatico la fattura viene generata dal sistema. Senza stampa, basta carta.
Un sito di ecommerce mica richiede la presenza fisica di una persona per emettere una fattura o ricevuta? È vero che le dinamiche alberghiere magari sono diverse e le casistiche spesso particolari ma può essere questo un freno nel creare un sistema che renda possibile tutto questo?
Troppe user e password, troppe interruzioni!
Riguardo gli ordini ai fornitori si potrebbe creare un semplice sistema in cui selezionare i prodotti da una lista, caricare in un carrello elettronico e con un click inviare l’ordine. Nessun rischio di errori e magari nel tempo avremmo dati statici importanti incrociati magari con le presenze degli ospiti.”
Così inizia la nostra discussione con Patricia che agita lo smartphone in mano e continua:
“Ci sono tantissime app oggi che fanno cose simili. Perché non unirle, integrarle?”
Prendo un po’ di tempo e…:”Mmm, si. Sarebbe fico…” consapevole che l’uso di questa parola aiuta ad assottigliare i vent’anni di differenza ”… ma in realtà non è così semplice. Ci sono barriere culturali, burocratiche.
Inoltre non pensare che avere strumenti performanti voglia dire efficientare i processi lavorativi, alla fine sono sempre le persone la chiave di tutto, che fanno la differenza nel bene e nel male. Certamente si ridurrebbe notevolmente il tempo che dedichiamo a attività meccaniche che si potrebbe investire su altro come per esempio interagire di più con l’ospite, assisterlo, creare un rapporto vero, insomma conoscersi e quindi permetterebbe di dedicarsi maggiormente ai dettagli, ai servizi personalizzati.
Inoltre avere tempo a disposizione aiuta molto la creatività.
Magari darebbe modo a chi lavora di usare i propri talenti per diverse attività.
Chi ha la passione della fotografia potrebbe dedicarsi a raccontare l’hotel attraverso le proprie foto, chi ama la scrittura potrebbe scrivere sul blog, chi dipinge potrebbe creare quadri in linea con il concept della struttura.
Permetterebbe di formare nuove competenze, esplorare nuove strade. Insomma diventerebbe stimolante.
Autorealizzarsi per il bene dell’azienda che si troverebbe persone motivate e desiderose di migliorarsi e per il bene degli ospiti che incontrerebbero persone felici e interessanti.”
La tecnologia aiuta…
In effetti il problema evidenziato dalle ragazze non è tanto il troppo lavoro, ma la frammentarietà di strumenti che spezzano a loro volta il lavoro con conseguente dispersione di energie e difficoltà di una visione d’insieme da parte di tutti. In più le attività meccaniche non sono stimolanti, soprattutto per i più giovani, e addormentano la voglia di creare e immaginare.
Da quello sfogo inizia così un volo pindarico verso il software del domani. Non un semplice software ma un sistema operativo completo e aggiornato alle attuali e future esigenze. Un luogo virtuale dove convergono tutte le operazioni, tutti i processi, tutte le comunicazioni interne quelle con i clienti. Tutto finalizzato a semplificare il lavoro e analizzare l’andamento della struttura con diversi indicatori di salute quantitativi e qualitativi: occupazione, produzione, prezzo medio, reputazione web, performance del sito web e canali social, felicità dei dipendenti, quoziente di ospitalità della struttura, etc.
Immersi in questo gioco di fantasia, Catia incalza: “E poi deve essere social, l’approccio del sistema intendo. Staff, direzione, ospiti tutti connessi… Pensi sia possibile un sistema del genere in futuro?”
“Sicuramente i nuovi strumenti saranno sempre più sofisticati, sempre più precisi, sempre più completi, accessibili in qualsiasi luogo e semplificheranno sempre più le procedure nel nome della massima produzione, massima ottimizzazione del tempo, massimo raggiungimento degli scopi con il minimo uso dei mezzi. È un po’ la strada maestra che indica l’attuale economia. Quindi perché no… dove c’è un problema, il mercato crea una soluzione…” rispondo.
Vedendo il loro interesse crescente, continuo: “Pensare al futuro senz’altro ci porta facilmente ad immaginare a maggiori automatizzazioni e un ruolo della tecnologia sempre più invasivo così come è stato per altri settori decenni fa. Pensiamo alle fabbriche di un tempo e ai macchinari nati per agevolare le produzioni che nel tempo hanno sostituito completamente l’uomo in tanti processi industriali. Sono stato per esempio in Provenza tempo fa, in un hotel completamente automatizzato. È stato fico!” concludo ormai certo che la parola magica mi ha fatto guadagnare almeno 10 anni in meno ai loro occhi)
“Alt!” interrompe bruscamente Patricia:
“Che ne è dell’uomo in questo scenario?”
Istintivamente aggiungo con fare paterno:
“Ma quale sarà il futuro del receptionist? Ma che ne sarà del vostro futuro???”.
Nel frattempo Catia ci fissa impaurita come se fossimo dei pazzi e vedendo i suoi occhi sgranati ritorno con i piedi per terra riprendendo la mia tipica aplomb da uomo calabro:“Sicuramente più avanzerà la tecnologia e più verranno richieste nuove competenze, più le risorse avranno bisogno di essere formate in modo costante. È importante capire che se lo sviluppo tecnologico non pone al centro il benessere delle persone non porta alcun beneficio, ma solo ottimizzazione di risorse con il rischio, laddove se ne intravede la possibilità, della sostituzione dell’uomo con la macchina.
Meno costi, più profitto.
Intendo dire che bisogna stare attenti perché non è detto che il fine della tecnica sia il fine dell’uomo e in tal caso l’uomo diventa mero mezzo di produzione e se non è produttivo come una macchina, meglio la macchina.
Un capovolgimento in cui denaro e tecnologia, che dovrebbero essere a servizio dell’uomo, acquistano il primato assoluto. Gli uomini diventerebbero alla stessa stregua della merce e non verranno riconosciuti più per quello che sono ma per la funzione che svolgono e la funzionalità, attributo tipico della tecnica.”
Mi rendo conto di aver peggiorato la situazione facendomi prendere troppo la mano da una visione disfattista e i loro sguardi terrorizzati, annichiliti in piena sindrome Frankenstein, mi fanno riflettere e penso che in effetti il futuro dipende solo da noi, dalle idee. Se le nostre idee sono “sbagliate” ne consegue che il mondo che creiamo sarà sbagliato, viceversa se il fine che ci prefiggiamo è nobile ne risulterà un cambiamento positivo.
… se il fine è il benessere dell’essere umano
Sento risorgere in me l’inguaribile ottimista e sognatore che prende le redini del discorso: “Certo è che se la tecnologia fosse, come logicamente dovrebbe essere, a servizio dell’uomo allora cambia totalmente il risultato. I lavori noiosi scomparirebbero e nascerebbero lavori a misura di essere umano.
Le stagiste portoghesi in coro: “O Deus, quale sarà il futuro del receptionist? Esisterà ancora? Ha senso che esista? Che lavori esisteranno in una società sempre più automatizzata?”
Confortato dal loro ritorno al dibattito: “In un’epoca di crisi economica e in cui la tecnologia vola vertiginosamente a costi molto bassi, non dico sia giusto ma è un dato di fatto che in un futuro i lavori meccanici verranno fatti da macchine. La bassa manovalanza verrà rimpiazzata da macchine/robot. Metro senza autisti, ATM per prelevare, casse senza cassiere, caselli autostradali senza personale…”
Ma una società sempre più automatizzata può essere una spinta per sviluppare la nostra unicità, sviluppare maggiormente la nostra creatività. Tornare a dedicarci alla nostra felicità e realizzazione. E perché no lavorare meno, disperdere meno energie in processi inutili.
Si dovrebbe ripartire dalle scuole. Oggi non è più importante immagazzinare il sapere che è oramai a portata di click grazie alla nuova tecnologia ma è importante essere creativi, essere intuitivi. La società non si baserà su quello che si sa ma su quello che si è. Saper essere prima di saper fare.
La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo.
Noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono.
(A. Einstein)
La fine del receptionist (per come lo conosciamo)
“Il receptionist si evolverà in una figura più a supporto dei reali bisogni del viaggiatore. Sarà un assistente al viaggio. Non sarà più separato dalla barriera di una reception ma accoglierà il viaggiatore in un ambiente più familiare.
Sarà una figura di matrice umanistica, ambasciatore del luogo in cui lavora e innamorato del mondo e del viaggio. Avrà molto tempo libero e viaggerà molto per non dimenticare mai l’emozione di perdersi nell’altro. Questo lo aiuterà a essere in sintonia con lo stato errante di un ospite.
Sarà psicologo, filosofo, antropologo, amante dell’arte e della letteratura.
Amerà le storie e le scoprirà ogni giorno di nuove negli occhi della gente. Sarà dotato di una forte intelligenza emotiva, saprà ascoltare e sarà sempre presente ma mai invasivo. Comprenderà l’importanza della giusta distanza. Amerà la vita e il suo prossimo.
Non sarà scelto per competenza ma per vocazione.
Non consiglierà mai un ristorante per intascare le mance. Saprà rinunciare a una parte di sé, per donarlo al prossimo.
Sarà ospitale.”
Mi fermo e riapro gli occhi, chiusi involontariamente in un attimo delirante, e mi ritrovo in piedi sulla scrivania dell’ufficio come Robin Williams nella scena del film “L’attimo fuggente”. Catia e Patricia insieme a me.
Improvvisamente suona l’odioso campanello del ricevimento.
È appena entrato un ospite, deve fare il check-in. Prendo il suo documento e leggo che è nato il mio stesso anno e mese ma mi rendo conto che dimostrò almeno 10 anni in meno di lui. “Fico!” penso e di colpo mi rendo conto che la persona che ho di fronte a me, dall’altro lato della barriera è nato a Reggio Calabria!
Lo guardo, lui mi guarda. Io sorrido, lui mi sorride. “Di Reggio sei?” chiedo. E lui “Sì sì, di Reggio sono!”. Raggiro la barriera e, come da consuetudine tra reggini, lo invito al bar per offrirgli un caffè e iniziamo a parlare della bellezza della Calabria, della vita e delle nostre storie che si sono incrociate.
Pensare che se fosse stato tutto automatizzato magari avrei perso questo incontro.
Nel frattempo Catia e Patricia continuano a sognare in piedi sulla scrivania dell’ufficio…
NB: Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale