Con la stagione balneare volta quasi a termine, destinazioni italiane e operatori turistici hanno iniziato a tracciare un bilancio dei flussi turistici e dell’economia che si è mossa intorno ad arrivi e presenze nei nostri territori. Tra chi si dice soddisfatto e chi esprime pareri negativi sottolineando le solite carenze strutturali (servizi, mobilità, promozione), emerge in maniera ormai decisiva la questione della gestione della destinazione.
Innanzitutto occorre far chiarezza: cosa fa di un territorio una destinazione?
Tranne in sporadici casi (uno tra tutti l’Hotel senza pareti Null Stern), una o più strutture ricettive non rappresentano l’offerta di una destinazione. Troppo spesso, infatti, affrontando la stagione turistica si affida (tradotto, si abbandona) esclusivamente alle aziende alberghiere ed extra-alberghiere il gravoso compito di svolgere la funzione di promocommercializzazione del territorio.
L’atteggiamento passivo da parte di troppe amministrazioni – che spesso riscuotono una tassa di soggiorno senza informare su come viene investita in servizi rivolti al turismo – non può che generare una frammentazione delle iniziative, una dispersione di dati utili a prendere decisioni strategiche (che tipo di turista ci sceglie, da dove viene, in quale periodo, quando prenota), l’assenza di una visione unitaria di tutti i soggetti che vivono il territorio.
COME SCEGLIE IL TURISTA
Il turista di oggi, d’altra parte, avvia il suo processo decisionale valutando e scegliendo non tra le diverse strutture ricettive ma ancora prima tra le destinazioni, in particolar modo tra quelle che soddisfano il suo bisogno di andare in luoghi dove il suo stile di vita incontra le esperienze proposte.
Questo implica per i territori alcuni elementi da considerare:
– i luoghi che costituiscono la destinazione
– gli attori da considerare e coinvolgere
– prodotti ed esperienze che la destinazione offre
– il processo di costruzione della destinazione.
Questi elementi, la cui combinazione ottimale richiede un lavoro intenso sul territorio di confronto e una governance guidata da esperti di destination management, determinano la riuscita o la morte di un piano di marketing della destinazione. Troppo spesso, infatti, le strategie turistiche vengono calate dall’alto creando forme di rigetto da parte del territorio stesso, tra residenti che si lamentano dei turisti e operatori turistici che non si riconoscono o vengono addirittura esclusi nella fase di pianificazione delle iniziative.
Il risultato è che l’offerta turistica si racchiude in un melting pot di eventi, sagre, concerti che nulla o poco hanno a che fare con una vera strategia di Destination marketing in grado di generare economie positive per le comunità.
TURISMO COME MOTORE ECONOMICO
Spesso infatti ci si dimentica che il turismo, così come ogni altra economia, dovrebbe aggiungere valore all’economia, al tessuto sociale e all’ecologia delle nostre comunità.
Il turismo può e dev’essere un motore economico, generare posti di lavoro e contribuire in maniera vivace allo stile di vita dei nostri territori. Allora come mai, nonostante elevati flussi turistici che caratterizzano determinati territori, spesso proprio quei territori sono quelli più caratterizzati dall’abbandono demografico e sono agli ultimi posti in termini di PIL e di posti di lavoro generati?
DESTINATION MANAGEMENT
Attraverso una buona gestione della destinazione e l’adozione di strategie di Destination Management si potrà promuovere il territorio in maniera intelligente (condividendo dati, visioni, costi per la promozione online e offline) aprendo nuove opportunità a tutta la filiera economica, fatta non solo di hotel e ristoranti, ma anche di cantine, produttori artigianali, startup insieme alle quali portare avanti non appena l’offerta di spiagge e ombrelloni ma un piano volto ad attrarre sul territorio turisti e nuovi talenti, attratti dalla possibilità di lavorare sul brand di una destinazione in un momento storico che vedrà da qui al 2030 due miliardi di viaggiatori interessati a visitare comunità e destinazioni economicamente fervide.
Con il concetto di localhood lanciato da Copenaghen nel documento “Wonderful Copenaghen” la strada è ormai chiara: “Localhood è una visione a lungo termine che supporta la co-creazione inclusiva della nostra futura destinazione.
Una futura destinazione in cui le relazioni umane sono il punto focale.
Dove residenti e visitatori non solo coesistono, ma interagiscono attorno a esperienze condivise di identità locale.
Dove la nostra competitività globale è sostenuta dalla nostra stessa località.
E dove la crescita del turismo è co-creata responsabilmente attraverso industrie e aree geografiche, tra parti interessate nuove e esistenti, con la identità locale come identità condivisa e punto di partenza comune”.
Attivare processi di Destination Management è dunque più che mai urgente ed è l’unica strada possibile per la sopravvivenza delle nostre destinazioni: non si tratta più di stampare la mappa turistica di una località ma di scrivere la visione e il futuro di una comunità.